
La parabola di Nick Leeson: dall’Olimpo del trading alla bancarotta della banca più antica d’Inghilterra
L’inizio: talento, ambizione e porte che si aprono
Nicholas William Leeson nasce il 25 febbraio 1967 a Watford, nell’Hertfordshire. Figlio di una famiglia modesta, non riesce a entrare all’università, ma trova una via d’accesso alla finanza attraverso l’operatività pratica.
Nel 1985 inizia alla Coutts, banca privata di lusso; due anni dopo passa alla Morgan Stanley, e infine approda alla Barings Bank, fondata nel 1762.
Nel 1992 viene inviato a Singapore come General Manager del Barings Futures Singapore (BFS). Il doppio ruolo di trader e responsabile back office — senza un vero supervisore — diventa il terreno fertile per un futuro disastro.

Il “conto 88888”: il cassetto segreto delle perdite
All’inizio Leeson genera profitti e riceve elogi. Quando però arrivano le perdite, crea il famigerato conto “error 88888”, usato per nascondere le operazioni negative.
Nel 1992 il buco è di 2 milioni di sterline; a fine 1994, sale a 208 milioni. Il tutto, sotto gli occhi di un management a Londra che non controlla — o non vuole controllare — a fondo.
Gennaio 1995: Kobe e la spirale verso il disastro
Il 16 gennaio 1995, Leeson scommette su un rialzo del Nikkei 225. Il giorno dopo, il terremoto di Kobe provoca un crollo dei mercati asiatici.
Invece di tagliare le perdite, aumenta l’esposizione (loss chasing), vendendo opzioni put in massa. La sua convinzione di “recuperare tutto e di più” lo spinge in una spirale autodistruttiva.
A fine febbraio, il passivo è di 827 milioni di sterline — oltre il doppio del capitale della banca.
Il crollo e la fuga
Il 26 febbraio 1995, la Barings Bank dichiara insolvenza e viene venduta alla ING per una sterlina simbolica.
Leeson fugge da Singapore lasciando un biglietto: “I’m sorry”. Arrestato il 2 marzo a Francoforte, viene estradato e condannato a sei anni e mezzo di carcere per frode e falsificazione.

Carcere, malattia e ritorno
In prigione gli viene diagnosticato un cancro al colon. Liberato nel 1999, pubblica Rogue Trader, da cui verrà tratto il film con Ewan McGregor.
Nel 2005 diventa General Manager del Galway United e pubblica Back from the Brink, con focus sulla gestione dello stress.

I bias cognitivi di Nick Leeson
L’intera vicenda è un manuale vivente di errori comportamentali che ogni trader dovrebbe conoscere:
Overconfidence Bias – Leeson sovrastima le proprie capacità dopo i primi successi, credendo di poter battere il mercato in qualsiasi condizione.
In finanza: spinge ad aumentare le size e sottovalutare il rischio reale.Loss Aversion – La naturale avversione alle perdite lo porta a nasconderle piuttosto che accettarle.
In finanza: induce a mantenere posizioni in perdita troppo a lungo, sperando nel recupero.Gambler’s Fallacy – La convinzione che una serie negativa “debba” essere seguita da una positiva.
In finanza: alimenta la spirale del raddoppio dopo un errore.Sunk Cost Fallacy – L’idea che, avendo già investito tempo e risorse, sia necessario continuare a operare per “non sprecare” quanto fatto.
In finanza: porta a prolungare posizioni perdenti invece di liquidarle.Illusione di controllo – La convinzione di poter gestire variabili esterne (mercati, eventi imprevisti) con la sola abilità personale.
In finanza: induce a sottovalutare fattori esogeni, come il terremoto di Kobe.

Lezioni per l’investitore moderno
Il caso Leeson dimostra che:
La disciplina batte l’ego.
Tagliare le perdite è un atto di forza, non di debolezza.
La trasparenza è protezione, non un ostacolo.
Ogni volta che un trader ignora questi principi, rischia di replicare — su scala maggiore o minore — la traiettoria di Leeson.
Un grafico di Telecom Italia ufficialmente ancora in correzione Bearish da 9162 giorni e perdita del 98%. Chi l’avrebbe mai detto?

Conclusione: un avvertimento che non invecchia
Oggi, la storia di Nick Leeson è studiata nei corsi di finanza e risk management come caso di scuola. Non è solo il racconto di un uomo caduto dal successo, ma il promemoria che i mercati non perdonano l’orgoglio e la negazione della realtà.
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