
Mercato Bearish: Il Lato Oscuro dei Cicli Finanziari
In ogni viaggio dei mercati finanziari c’è un tratto meno luminoso, più difficile da attraversare, ma altrettanto necessario: è il mercato ribassista, o come viene comunemente chiamato, mercato bearish. Un territorio che molti temono, ma che, per chi sa osservare con lucidità, offre forse le più grandi lezioni – e opportunità – della finanza moderna.
Quando inizia davvero un bear market?
Non è sempre facile rendersene conto subito. Le prime avvisaglie sembrano solo turbolenze passeggere: una correzione, un pullback, un po’ di volatilità. Ma quando i prezzi iniziano a scivolare oltre il 20% dai massimi, e lo fanno con una certa insistenza, allora siamo davanti a un cambiamento strutturale.
È in quel momento che il mercato inizia a comportarsi in modo diverso: le notizie positive non fanno più salire i prezzi, gli investitori diventano cauti, e la tendenza di fondo si inverte.
Il 20% è una soglia convenzionale, certo. Ma nel tempo è diventata una linea di demarcazione psicologica che segna il passaggio da ottimismo a paura.
Uno sguardo alla storia: il mercato che scende… sempre risale
Dal 1929 ad oggi, l’indice S&P 500 ha attraversato oltre 25 mercati ribassisti. Alcuni sono stati brevi e relativamente indolori. Altri, come la Grande Depressione, hanno lasciato cicatrici profonde: l’indice perse più dell’90% in meno di tre anni.
In media, un bear market dura circa 9-10 mesi, e registra una discesa intorno al 36%. Ma la media, in finanza, è una cattiva maestra: ogni ciclo è unico, con cause e dinamiche proprie. C’è stato il crollo delle dot-com nel 2000, la crisi subprime nel 2008, e la discesa repentina del 2022 legata all’inflazione e alla stretta monetaria.
Tutti questi eventi ci ricordano una verità semplice: il mercato ribassista non è una fine, è una fase. Statisticamente dura meno del mercato rialzista che lo precede. Ma è molto più intenso sul piano emotivo.
I cicli economici: una danza prevedibile
Chi osserva i mercati da vicino sa che l’economia si muove secondo cicli. Espansione, picco, contrazione, ripresa. È una danza antica, dettata da consumi, tassi di interesse, credito, fiducia.
Il mercato ribassista non arriva per caso. Spesso è la risposta anticipata a una fase di debolezza economica. I mercati sono forward-looking: scontano prima quello che poi accadrà nei dati macro.
Per questo, il bear market si presenta prima che le autorità ufficiali parlino di recessione. E, con la stessa rapidità, si conclude prima che la ripresa sia evidente nei numeri. Chi lo capisce, può agire con mesi di anticipo rispetto al consenso.
Gli strumenti dell’analista: leggere il mercato che cambia pelle
Il trader o analista tecnico non aspetta i dati macro o le dichiarazioni politiche. Legge il grafico. E quando il grafico cambia struttura, sa che qualcosa si sta preparando.
Alcuni segnali ricorrenti sono noti:
Il death cross, ovvero l’incrocio al ribasso tra la media mobile a 50 giorni e quella a 200.
Un RSI che scende sotto 30 e ci resta.
Volumi che aumentano durante i ribassi, e calano nei rimbalzi.
Il VIX, l’indice della paura, che esplode sopra i 30 punti.
Sono questi indizi, combinati tra loro, che raccontano la verità prima che essa diventi notizia.
Psicologia collettiva: la vera forza che muove i mercati
Durante un bear market, i grafici raccontano una storia. Ma i comportamenti degli investitori raccontano un romanzo.
All’inizio c’è incredulità: “è solo una fase”. Poi arriva l’irritazione: “perché proprio adesso?”. Subentra la paura, e con essa la vendita. La capitolazione è la fase finale, quella in cui tutto viene liquidato, anche ciò che ha valore.
Chi ha vissuto un bear market completo conosce queste fasi. Sono prevedibili, ma non evitabili. Il punto è saperle riconoscere, e soprattutto non lasciarsi trascinare dalla corrente.
Le mani forti: chi davvero domina il ciclo
Mentre il retail vende in panico, i grandi operatori osservano. E agiscono.
I fondi istituzionali, le banche d’investimento, i trader sistematici: non reagiscono emotivamente, ma pianificano. Vendono in distribuzione (prima del crollo), e acquistano in accumulazione (quando tutti scappano).
Usano strumenti che il retail ignora o conosce marginalmente: derivati, opzioni, hedge sistemici. Analizzano i flussi di capitale, leggono i report COT, monitorano la liquidità reale dei mercati.
Non è fortuna. È strategia. E chi vuole sopravvivere ai bear market, deve imparare a leggere i segnali delle mani forti, non a seguire la folla … o meglio ancora, leggere cosa fa la folla e comportarsi esattamente al contrario.
Conclusione: il mercato ribassista è un’opportunità travestita da minaccia
Non c’è crescita senza declino. Non c’è bull market che non sia stato preceduto – o seguito – da una discesa. Il bear market è doloroso, ma è anche rigenerante. Ripulisce l’eccesso, elimina le bolle, riporta i prezzi verso la realtà.
Chi riesce a mantenerne la lucidità, chi studia, chi osserva con disciplina, esce da un mercato ribassista più forte. E spesso più ricco.
La vera domanda non è se arriverà un altro bear market. La storia ci dice che sì, arriverà. La domanda giusta è: saremo pronti quando accadrà?
Un piccolo appunto:
Il trend millenario rialzista che attualmente stiamo vivendo, avrà certamente un termine. Probabilmente non basterà la nostra vita a vederne la fine, ma quando accadrà, non si potrà più dire che il mercato sale sempre…
Sarà un trend diverso e ribassista per molti anni, forse secoli.